martedì 18 dicembre 2007

Informazione e Lavoro

Locandina del film "Il Posto" (www.filmscoop.it)
“Si sente parlare sempre più spesso di una dimensione economica del lavoro, ovvero legata alla retribuzione ed al profitto, così come di una dimensione giuridica, cioè dei diritti, di quella sociale legata allo status, e così via. Ma sempre meno si sente parlare di una dimensione culturale del lavoro”. Sta tutto nelle parole sagge e sofferte di Michele Colasanto, ordinario di Sociologia del Lavoro all’Università Cattolica di Milano, il binomio difficile, ma vitale, tra mass-media e lavoro. Rapporto controverso, ma drammaticamente attuale, come dimostra la piaga delle morti sul lavoro e la quotidianità di un fenomeno che al lavoro è inscindibilmente legato, l’immigrazione. Ne hanno discusso docenti, giornalisti, esperti di lavoro, nel corso del convegno “Informazione e lavoro”, organizzato dall’ateneo milanese.
“Negli anni ’60 e ’70 – ha sottolineato Walter Passerini, direttore di Corriere Lavoro – l’informazione sul lavoro coincideva strettamente con l’informazione sindacale; il mondo del lavoro entrava nell’agenda dei media unicamente attraverso le lotte sindacali. C’è stata poi una seconda fase, coincidente con gli anni ’80 e i primi ’90, in cui parlare di lavoro significava parlare di “posto di lavoro”, che il declino industriale e sindacale dell’Italia cominciava a far vacillare. Ora siamo in una terza fase, quella in cui il lavoro è sempre più mutevole e multiforme, in termini di luoghi, soggetti, normative, dove le parole dominanti sono flessibilità e precarietà”.
La questione dei media è centrale e cruciale in un qualsiasi Paese democratico, non soltanto in riferimento ai basilari principi di libertà e autonomia, ma anche da un punto di vista del ruolo pedagogico e formativo che essi hanno. Raccontare, descrivere, promuovere l’etica del lavoro diventa allora un fattore decisivo nella creazione di una nuova identità comune, un modo per conquistare e non subire i media, delineando un’immagine del mondo del lavoro positiva e non solo tragica o buona per la cronaca.
Angelo Ferrari, giornalista di Agenzia Italia, è l’autore del volume “Informazione e lavoro” realizzato nell’ambito del Premio Ilaria Alpi. “L’informazione – ha lucidamente e spietatamente sottolineato – fatica a cogliere certe storie; ciò che sta ai margini della società viene spesso dipinto come pura emergenza. Se il ‘900 è stato il secolo dei diritti e delle libertà collettive, oggi sono subentrate l’individualismo e la personalizzazione, anche nel lavoro; i media, così, faticano a fornire una rappresentazione completa del fenomeno. E’ compito del sindacato stimolare informazione e conoscenza sulle nuove frontiere del lavoro”.
Secondo Ruggero Eugeni, docente di semiotica, il problema sta tutto nelle nuove pratiche di consumo dei media e nei nuovi linguaggi che questi adottano. "Il grande schermo, per esempio le fiction, ci trasmettono immagini di lavoro lontane dalla realtà, come medici, grandi avvocati, tutt’al più le commesse, ma non scandagliano l’intero panorama, a volte drammatico, del mondo del lavoro. Ci prova il cinema a lavorare sulle marginalità, ma non sempre l’effetto è dirompente. La verità è che così come manca una cultura del lavoro, manca anche una cultura dei media; i mezzi di comunicazione alimentano la campana di vetro nella quale viviamo, ma allo stesso tempo generano ansia che questa campana, o bolla, si rompa da un momento all’altro. Il risultato è un’informazione distorta, astratta, che non agisce da vera risorsa a vantaggio della società”. Parole condivisibili…e preoccupanti allo stesso tempo.
Uno sguardo sul binomio lavoro-immigrazione è stato gettato da Laura Zanfrini, sociologa, e Carlo Giorgi, ex direttore di “Terre di Mezzo”, ora giornalista free-lance. “Nel raccontare il lavoro, così come l’immigrazione, dobbiamo purtroppo fare i conti con gli stereotipi generati dal sistema dei media. E allora non diventa un compito semplice”.
La sfida sarà quella di riportare il lavoro, elemento centrale nella vita delle persone e cruciale nella nostra Costituzione, al centro dell’agenda mediatica, indipendentemente dai fatti di cronaca e dal “braccio di ferro” sui contratti. Lavoro come gabbia a volte, ma anche come strumento di dignità ed essenza dell’uomo. Chi si ricorda il celebre “Il posto” di Ermanno Olmi? Cosa c’è di più normale, tenero, vero, di un ragazzo di provincia che trova lavoro nella metropoli, vivendone le illusioni, la routine e le contraddizioni? E’ proprio così difficile raccontarlo?

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