martedì 6 maggio 2008

Lettera aperta al sindaco di Verona, lo sceriffo Flavio Tosi.

Caro sindaco Tosi, quanto accaduto nella Sua città è molto più grave di un’aggressione di cinque balordi, come Lei si è affrettato ad etichettare. Quanto accaduto è il frutto marcio di un sentimento diffuso d’intolleranza che si è cristallizzato negli anni, sempre più difficile da controllare perché ormai quasi interamente sdoganato da un certo tipo di retorica e da un certo modo di fare politica. E’ il detrito malsano che risale la corrente in cui è stata incanalata una forma di pensare, e percorrendola al contrario ne raccoglie i tratti peggiori. Non è questione di appartenenza politica, ma di modelli di società che si vogliono costruire.
Caro sindaco Tosi, Verona è nera e lo è sempre stata. Di un nero fosco e greve; un mix esplosivo di buona borghesia, disperazione di strada e tifo organizzato (ricorda le Brigate Gialloblu? Ma crede davvero che non esistano più?).
Caro sindaco, il Suo collega Cacciari sostiene che la responsabilità di certi rigurgiti (se non la colpa, almeno la responsabilità) è di chi non ha voluto vedere che l’Italia negli ultimi vent’anni è profondamente cambiata. Dice che un tempo, nel Veneto della Balena Bianca, era la Dc a raccogliere le scorie del degrado estremista, attutendole e metabolizzandole. La trovo una lettura sociologica molto interessante. Oggi, quel territorio politico che dai resti della destra Dc si estende all’esterno fino alla miriade di gruppuscoli di estrema destra che vanno da Forza Nuova a Fiamma Tricolore, è in un certo senso funzionale ad un modo di intendere ed interpretare la società, che anche Lei rappresenta. Caro sindaco, Lei non può far finta di non sapere che il capogruppo della Sua lista civica in consiglio comunale è quel tal Miglioranzi, ex cantante dei “Gesta bellica”, nerissimo gruppo punk-Oi! legato ad ambienti filonazisti.
Caro sindaco, qualche settimana fa, ospite di Gad Lerner a L’Infedele, Lei si è vantato di essere un primo cittadino vicino alla gente, perché va a sgomberare i campi nomadi delle periferie alle 4 di mattina insieme alle forze dell’ordine. Poi però tutta l’Italia scopre che è alle undici di sera in pieno centro che bisogna stare attenti a camminare.
Caro sindaco, intervenendo ieri sera a “Chi l’ha visto?”, Lei ha, giustamente dal Suo punto di vista, isolato l’accaduto, salvo poi addossare al governo Prodi la colpa per la libertà di cui ancora godevano quei cinque giovani già segnalati e conosciuti alle forze dell’ordine. Se un romeno violenta una donna nella periferia di Roma è colpa dell’amministrazione Veltroni, e se cinque veronesi massacrano un loro e Suo concittadino in pieno centro è colpa del governo? Mi perdoni, ma non mi sembra la lettura e l’analisi responsabile di un sindaco che ha a cuore i problemi della Sua città. C’è una responsabilità etica di quel che si dice e si permette di dire che è ancora più alta di quel che si fa. Certi toni, certi messaggi, certi linguaggi che il Suo partito da vent’anni ripete in maniera ossessiva finiscono con il legittimare determinati atteggiamenti da parte di chi, accecato da fatue esaltazioni, non possiede gli strumenti culturali necessari per maneggiare, selezionare, contestualizzare quei toni e quei messaggi. Un conto, caro Tosi, è racimolare qualche voto in campagna elettorale, un altro è contribuire, fingendo di non sapere, a lasciar che si sedimentino paure, fissazioni, intolleranze. Io non sono tra quelli che intendono dare una lettura politica o ideologica dell’accaduto, e nemmeno credo al ritorno organizzato di un certo tipo di violenza neofascista; piuttosto, nel gesto estremo di cinque vigliacchi vedo l’apice tragico di un messaggio di odio e rifiuto della diversità che il Suo partito ha innegabilmente contribuito ad alimentare.
Caro sindaco, il Veneto Fronte Skinhead, lo sanno tutti, è una realtà, non un gruppetto folkloristico né tantomeno una costruzione giornalistica. Per alcuni, il VFS è addirittura un vero e proprio laboratorio politico, che raccoglie nel profondo Nord-Est orbite di estrema destra provenienti da tutta Italia. Ora, posto che l’aggressione non è riconducibile ad un’azione mirata del movimento, non si può negare l’esistenza di questa importante cellula. E la vicinanza linguistica del Suo partito con tale realtà è, o è stata, per quanto sottile, piuttosto evidente. Non basta prendere le distanze dagli episodi di violenza; occorre decidere se continuare a conviverci, legittimandoli con le proprie urla e le proprie proposte, oppure no, recidendo per sempre ogni contiguità facilmente strumentalizzabile. Se la destra che Lei rappresenta si ritiene democratica ed ambisce a governare questo Paese, è tempo che impari a lenire le pulsioni, moderare i toni e modificare i linguaggi, ben più pericolosi, a volte, delle azioni.

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